L’89% degli italiani è convinto che il senso di comunità sul lavoro migliori produttività e benessere mentale.
Lo rivela una delle indagini più complete sull’attuale contesto lavorativo, il Randstad workmonitor 2025. La ricerca evidenzia come il mondo del lavoro stia vivendo una profonda trasformazione: non conta più solo cosa si fa, ma assumono sempre maggiore importanza il perché, il come e soprattutto il con chi lo si fa.
In questo articolo analizziamo i principali risultati dello studio e scopriamo quali vantaggi possono trarre aziende e organizzazioni dall’adozione di un approccio che metta al centro sia le persone sia la comunità.
Il Randstad workmonitor 2025: risultati chiave
Il Randstad workmonitor 2025 ha coinvolto 26.800 persone in 35 Paesi, inclusa l’Italia. Uno degli highlight chiave della ricerca è che le aspettative delle persone sul lavoro ruotano sempre più attorno a 3 pilastri. Vediamoli di seguito.
Perché: motivare attraverso la personalizzazione
Sono lontani i tempi in cui il lavoro si riduceva a una busta paga alla fine del mese. La componente economica è certo ancora fondamentale, ma le persone oggi cercano, sempre di più, aziende che siano in linea con i propri valori personali, le proprie aspirazioni e la propria storia.
Chi: promuovere un senso di comunità
Il secondo pilastro riguarda il desiderio di appartenenza. Le persone cercano uno scopo e un senso di connessione. Anche sul lavoro, utilizzando il titolo di un famoso libro del sociologo Zygmunt Bauman, c’è sempre più “voglia di comunità”.
Come: formazione con sguardo al futuro
Il Future of Jobs report 2025 del World economic forum è chiaro: il 39% delle attuali competenze esercitate sul mondo del lavoro subirà trasformazioni o diventerà obsoleto entro il 2030. L’upskilling e il reskilling, in una logica di formazione continua, sono dunque fondamentali in un’epoca dominata da rapidi progressi tecnologici, in particolare nel campo dell’intelligenza artificiale.
Nelle persone emerge chiaramente la consapevolezza della necessità di rafforzare e allenare le proprie competenze per essere pronti alle sfide future, ma non sempre queste aspettative vengono soddisfatte dalle aziende.
Promuovere un senso di comunità sul lavoro influisce su benessere e produttività
Uno dei pilastri che stanno ridefinendo il senso del lavoro per le persone, come già accennato, riguarda il desiderio che l’azienda in cui sono impiegate sia vissuta come una comunità, fatta di relazioni e legami di valore, socialità, senso di appartenenza.
I dati della ricerca relativi all’Italia sono in questo senso emblematici. Gli italiani socializzano molto con i loro colleghi: lo fa il 90% delle persone. E per l’85% degli intervistati confrontarsi con opinioni ed esperienze diverse dalle proprie è un’occasione per capire altri punti di vista e imparare cose nuove.
L’87% degli intervistati (un campione di 756 persone) vorrebbe che il posto di lavoro fosse una comunità; l’88% sostiene che conoscere i colleghi permetta di lavorare meglio e l’89%, come già accennato, è convinto che il senso di collettività e appartenenza migliori sia la capacità produttiva, sia lo stato di salute mentale e il benessere delle persone.
Per costruire una comunità sul lavoro, secondo la maggior parte delle persone serve coltivare la dimensione della presenza: per l’84% degli intervistati la relazione si costruisce dal vivo sul posto di lavoro.
Marco Ceresa, group Ceo di Randstad Italia, ha così commentato su Linkedin quanto emerso dal report: “I risultati ci dicono che il bisogno di comunità è diventato imprescindibile per i lavoratori del nostro Paese, fortemente legato all’esigenza di benessere. Prova ne sia che il 57% degli italiani sarebbe pronto a cambiare lavoro se non si sentisse a proprio agio (ben 30 punti in più rispetto a un anno fa).
E sebbene la flessibilità dello smartworking rimanga apprezzata, gli italiani credono fortemente che il senso di comunità si costruisca dal vivo, sul posto di lavoro. La formula ideale? Un modello ibrido che combini lavoro in presenza e da remoto, per coniugare flessibilità e relazioni umane”.
L’approccio people & community centred in azienda: le digital business community
Per cogliere le opportunità e i vantaggi che promuovere un senso di comunità comporta, le aziende devono dunque adottare un nuovo approccio che non sia più incentrato sugli individui, ma che allarghi la prospettiva mettendo al centro del proprio operato anche la comunità.
È quello che Logotel, independent design company fondata nel 1993 a Milano, definisce approccio people & community centred. Secondo la design company, allargare la prospettiva è fondamentale per poter generare impatti positivi in un’epoca segnata da trasformazioni sistemiche e da sfide per cui soluzioni individuali sono insufficienti.
Da oltre 24 anni Logotel è attivamente impegnata a promuovere logiche people & community driven all’interno di aziende e organizzazioni. Uno dei suoi servizi riguarda la progettazione, realizzazione e animazione di digital business community B2B.
Per logotel le community sono sono fatte di persone che hanno qualcosa di rilevante in comune, e si avvalgono di ambienti e spazi – fisici e digitali – che, attraverso team dedicati, palinsesti di contenuti e iniziative, servizi e attività, motivano e coinvolgono le persone, all’interno o all’esterno di un’organizzazione.
Le community sono un qualcosa di vivo e in perenne movimento, costruito su misura a seconda delle esigenze di un’organizzazione. Supportano il commitment delle personeper abilitarle a dare il massimo delle loro performance, nella maniera più soddisfacente possibile.
L’esperienza e la competenza di Logotel nella realizzazione e animazione di business community – sono oltre 50 quelle avviate e animate per conto dei suoi clienti – ha spinto la design company a lanciare un percorso formativo unico nel panorama europeo: la community building academy.
Aziende e organizzazioni che vivono come comunità possono (ri)trovare un senso
Alle community Logotel ha dedicato anche un numero monografico del proprio progetto di ricerca Weconomy. In uno degli articoli del sedicesimo numero, Una visione completamente diversa, il CEO di Logotel Nicola Favini sottolinea come lo spirito di comunità sia il vettore del senso, che è ciò che le organizzazioni e le aziende sempre più ibride e reticolari stanno perdendo.
“Il senso non è solo il perché che differenzia, ma l’anima che muove e attiva. Il senso è una proprietà emergente di una comunità che c’è. Di un insieme di persone che si conoscono, scambiano, entrano in contatto per creare legami e collaborare al di là di ruoli, budget e KPI. Il senso si passa come la cultura, con contatti e rituali, con storie raccontate e storie da vivere insieme”.
Secondo Favini, un’organizzazione che vive come una comunità “genera una forza magnetica che le permette di trattenere chi vale, di attirare persone, di farle crescere e prolungare la loro esperienza” e, a parità di EBITDA, vale di più di un’organizzazione che non è una comunità.
Per questo motivo lo spirito di comunità va alimentato attraverso tribe di mestieri, palinsesti e servizi che mischiano competenze, interessi, saperi, desideri diversi al di là del confine di funzione o progetto: “Ogni giorno – afferma il CEO di Logotel – va alimentato il racconto che collega l’azione del singolo con il purpose”.
I vantaggi delle business community
Diversi studi e ricerche, oltre che l’esperienza sul campo di aziende come Logotel, mostrano come le community professionali potenzino i legami, favorendo la collaborazione, lo scambio e l’apprendimento continuo rispetto a obiettivi collettivi di business e sociali, e producano impatti positivi sia per le persone, sia per le aziende.
Tra i principali vantaggi che le digital business community offrono si possono citare:
• senso di appartenenza: le persone si sentono parte dell’azienda e percepiscono l’azienda come qualcosa che è anche loro.
• miglioramento delle performance e delle decisioni strategiche: le imprese coesive registrano una crescita di fatturato superiore al mercato.
• moltiplicazione delle occasioni di cambiamento e riduzione del time-to-market: le community interne allineano la popolazione aziendale in modo rapido ed efficace.
• miglioramento della qualità della comunicazione e della collaborazione: le persone condividono best practice e si supportano a vicenda.
• maggiore efficacia nell’adoption di strumenti, tecnologie e nuovi comportamenti: un approccio community-driven velocizza l’adozione di nuove tecnologie e nuovi comportamenti, rendendoli sostenibili e continui nel tempo.
Riflessioni Conclusive
In un contesto lavorativo in continua evoluzione, il senso di comunità si rivela un elemento imprescindibile per il successo di aziende e organizzazioni. Le aziende che investono nella creazione di community interne ed esterne possono attrarre e trattenere i migliori talenti, migliorare le performance, favorire l’innovazione e creare un ambiente di lavoro positivo e stimolante.
È fondamentale che le aziende ascoltino le aspettative dei propri dipendenti e creino spazi di lavoro in cui le persone si sentano valorizzate, supportate e parte di un progetto comune.
“Creare luoghi di lavoro in cui prevale un senso di comunità rappresenta sempre di più un imperativo aziendale”, scrive Sander van ‘t Noordende, CEO Randstad, nel Randstad Workmonitor 2025.
“Credo che questa sia una delle mission per i datori di lavoro. Consapevoli della nuova concezione del lavoro emergente, influenzata dal perché, dal come e dal con chi si lavora, e sviluppando soluzioni per colmare i gap esistenti rispetto alle aspettative delle persone, è possibile rafforzare i propri team, aumentare la produttività del business, attrarre nuovi talenti e rimanere competitivi nell’attuale mercato dinamico”.