Sostenibilità: i nuovi standard europei di rendicontazione (Esrs)

Con l’entrata in vigore della nuova direttiva europea sulla rendicontazione della sostenibilità per le aziende, molte organizzazioni avranno l’obbligo di utilizzare i nuovi standard europei. Una panoramica sugli European sustainability reporting standards (Esrs).

Quando si parla di sostenibilità, in tutte le sue accezioni, la misurazione e la rendicontazione degli impatti sono aspetti fondamentali. Non si può infatti prescindere da indici o dati oggettivi per capire se le attività di un’azienda o di un’organizzazione stanno producendo benefici o, al contrario, causando danni all’ambiente o alla società.

La misurazione degli impatti – e dunque fare in modo già in fase di progettazione che le proprie attività siano misurabili – è inoltre importante perché fornisce alle aziende dati preziosi per il miglioramento continuo. Rendicontare quanto fatto in maniera chiara e trasparente le aiuta poi a creare una relazione di fiducia con tutti gli stakeholder e a manifestare pubblicamente il proprio impegno verso pratiche sostenibili, assumendosi le responsabilità che tale impegno determina.

Per rendicontare in maniera chiara e trasparente il proprio impegno sulle tematiche legate alla sostenibilità esistono diversi standard riconosciuti a livello internazionale. Una frammentazione che spesso causa confusione alle aziende che si affacciano per la prima volta sul mondo della rendicontazione dei propri impatti a livello ambientale, sociale e di governance, cioè secondo i criteri ESG (Environmental, social, governance).  

È anche per superare questa frammentazione che l’Unione europea ha introdotto nuovi standard di rendicontazione, gli European sustainability reporting standards (Esrs), che si inseriscono nell’ambito dell’ultima direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, la Corporate sustainability reporting directive (Csrd), che modifica la precedente Non-financial reporting directive e che entro il 6 luglio 2024 dovrà essere recepita da tutti i 27 Stati membri dell’Ue.

In questo articolo spieghiamo cosa prevedono gli Esrs, a quali aziende si applicano e da quando dovranno essere utilizzati.  

Sostenibilità in azienda: i criteri ESG

Abbiamo citato in precedenza i criteri ESG. L’acronimo si riferisce a fattori che riguardano le tre dimensioni dell’ambiente (Environmental), della società (Social) e della governance aziendale (Governance), su cui le aziende sono tenute, sempre di più, a rendicontare il proprio impegno e i propri risultati concreti.

L’attenzione verso le tematiche ambientali e sociali dovrebbe essere in primo luogo il frutto di una precisa scelta di ogni azienda, derivante dall’assunzione di responsabilità e dalla presa di coscienza del proprio importante ruolo nel contribuire a un futuro più sostenibile ed equo per tutti.

D’altra parte, la sostenibilità è diventata negli ultimi anni un tema sensibile che orienta le scelte dei consumatori e degli investitori e che può dunque garantire alle imprese maggiori introiti e un più facile accesso ai capitali.    

Un’azienda può definirsi sostenibile se integra pratiche e strategie e adotta politiche e processi che le consentono di:

  • minimizzare il suo impatto negativo sull’ambiente;
  • promuovere la giustizia sociale;
  • garantire una gestione trasparente e responsabile dell’azienda stessa.

Gli standard per rendicontare la sostenibilità

Per rendicontare il proprio impegno in ambito ESG, molte imprese redigono – obbligatoriamente in alcuni casi o volontariamente in altri – un report di sostenibilità o una Dichiarazione non finanziaria (Dnf), prevista dalla già citata Non-financial reporting directive.

Finora le imprese potevano avvalersi di diversi standard di rendicontazione, redatti da alcuni enti no-profit e associazioni riconosciute a livello internazionale. Tra i più noti e utilizzati ci sono:

  • i Global Reporting Initiative standard (Gri): sono uno degli standard più utilizzati a livello globale per la rendicontazione della sostenibilità. Sviluppati dalla Global reporting iniziative, organizzazione internazionale indipendente fondata a Boston nel 1997, forniscono un insieme di linee guida che le aziende possono utilizzare per comunicare il loro impatto su temi come il clima, i diritti umani e la corruzione;
  • gli IFRS Sustainability disclosure standards: sono standard sviluppati dall’International sustainability standards board (Issb), uno dei due organismi (l’altro è l’Iasb, International accounting standards board) che fanno parte della Fondazione IFRS. Si tratta di un’organizzazione senza scopo di lucro e di interesse pubblico, fondata negli USA nel 2001 con l’obiettivo di sviluppare principi contabili e di informativa sulla sostenibilità di alta qualità, comprensibili, applicabili e accettati a livello globale;
  • i Sustainability accounting standards board (Sasb): è un organismo che fornisce standard specifici per l’industria che aiutano le aziende a identificare e comunicare le questioni di sostenibilità finanziariamente materiali.
  • le raccomandazioni della Task force on climate-related financial disclosures (Tcfd): è una task force creata dal Financial stability board (Fsb) con l’obiettivo di sviluppare raccomandazioni sui tipi di informazioni che le aziende dovrebbero divulgare per aiutare gli investitori, i finanziatori e i sottoscrittori di assicurazioni a valutare in modo appropriato i rischi legati al cambiamento climatico.

La task force ha sviluppato un quadro di riferimento per aiutare le società pubbliche e altre organizzazioni a divulgare in modo più efficace i rischi e le opportunità legati al clima attraverso i processi di reporting esistenti. Nell’ottobre del 2023 la task force ha esaurito il suo mandato e si è sciolta. Le sue raccomandazioni, ancora visibili sul proprio sito, sono state prese in considerazione nella scrittura degli Esrs.

I nuovi European sustainability reporting standards

Il primo set degli Esrs è stato approvato nel luglio del 2023 dalla Commissione europea per uniformare la rendicontazione della sostenibilità delle aziende che operano all’interno dell’Ue.

Gli standard, che sono stati elaborati dall’Efrag (European financial reporting advisory group), si caratterizzano per una elevata interoperabilità con quelli già esistenti, come i già citati Gri e le raccomandazioni della Task force on climate-related financial disclosures.

Gli Esrs sono gli unici utilizzabili dalle imprese che sono soggette alla nuova direttiva Csrd. Richiedono alle aziende di fornire informazioni specifiche su fattori ambientali, sociali, diritti umani e governance. Inoltre, enfatizzano la trasparenza e la coerenza nella rendicontazione.

Gli Esrs definiscono 12 principi europei di rendicontazione di sostenibilità, suddivisi in tre categorie: principi trasversali, principi tematici (5 topic ambientali, 4 sociali e uno relativo alla governance) e principi settoriali. I principi trasversali e tematici sono intersettoriali, si applicano cioè a tutte le aziende. I principi settoriali, come si evince dal nome, sono invece specifici per aziende che operano in determinati settori.

Come altri standard di rendicontazione, anche gli Esrs si basano sulla nozione di impatto. Nel glossario allegato agli Esrs si legge che per impatti si intendono “gli effetti che l’impresa ha o potrebbe avere sull’ambiente e sulle persone, comprese le ripercussioni sui loro diritti umani, connessi alle attività proprie dell’impresa e alla catena del valore a monte e a valle, anche attraverso i suoi prodotti o servizi e i suoi rapporti commerciali.

Gli impatti possono essere effettivi o potenziali, negativi o positivi, intenzionali o non intenzionali, reversibili o irreversibili e possono manifestarsi nel breve, medio o lungo periodo. Essi indicano il contributo dell’impresa, negativo o positivo, allo sviluppo sostenibile”.

La doppia rilevanza

Una delle principali novità introdotte dagli Esrs è il principio della doppia rilevanza degli impatti. Per doppia rilevanza (o doppia materialità) si intende la necessità di tenere conto di due dimensioni: la rilevanza dell’impatto (positivo o negativo) e la rilevanza finanziaria, che sono interconnesse tra loro.

La materialità d’impatto considera gli impatti che l’organizzazione o l’azienda ha sull’ambiente, sulla società e sull’economia. Le aziende devono dunque valutare come le loro operazioni influenzano il mondo esterno, inclusi fattori come l’inquinamento, l’uso delle risorse e le relazioni lavorative.

La materialità finanziaria considera invece come le questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) influenzano la stabilità finanziaria e operativa delle aziende o delle organizzazioni, che devono dunque valutare come i cambiamenti climatici, le normative ambientali e le aspettative sociali possano influire sul valore economico e sulla resilienza dell’impresa nel breve, medio e lungo termine.  

L’obbligo di assurance e l’inserimento nella relazione di gestione

Un’altra delle principali novità introdotte dalla Csrd è l’obbligo di un’assurance esterna, cioè di una revisione esterna del report di sostenibilità. I report di sostenibilità saranno assoggettati alla garanzia limitata per raggiungere la “reasonable assurance”, che è il livello di assurance tipica del bilancio economico-finanziario.

Nello schema di decreto legislativo del Governo italiano (ancora in fase di approvazione) è prevista l’introduzione del revisore della sostenibilità, che potrà essere la stessa persona incaricata della revisione legale del bilancio o un diverso revisore legale, incluse le società di revisione.

Inoltre, per integrare informazioni di carattere finanziario con quelle non finanziarie, le imprese assoggettate alla Csrd dovranno includere l’informativa di sostenibilità all’interno della Relazione sulla gestione.

A quali aziende si applicano gli Esrs e quando entrano in vigore

La Csrd è stata approvata nel dicembre 2022 e dovrà essere recepita da tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea entro luglio 2024. I nuovi standard Esrs, gli unici consentiti dalla Csrd, si applicheranno in maniera graduale e progressiva a un’ampia platea di aziende.

Secondo stime dell’Unione europea riportate da un report di Pwc, le società che dovranno utilizzare questi standard per la loro Dichiarazione non finanziaria (Dnf) passeranno dalle attuali 11.700 a circa 49.000, di cui 4.000 soltanto in Italia.

Le prime aziende che dovranno attenersi ai nuovi standard sono quelle già soggette alla Csrd e che dunque già adesso devono obbligatoriamente redigere la Dichiarazione non finanziaria.

Si tratta nello specifico degli enti di interesse pubblico rilevanti: grandi società quotate, banche e imprese assicurative con oltre 500 dipendenti e grandi società quotate con oltre 500 dipendenti, sede legale al di fuori dell’Unione europea e filiali in Ue. Per queste aziende l’obbligo di rendicontazione con gli standard è già scattato a partire dall’esercizio finanziario in corso (anno fiscale 2024), con primo report previsto dunque nel 2025. Sarà l’occasione per vedere i primi documenti redatti secondo le nuove norme.

Per le altre grandi società e le società quotate al di fuori dai confini dell’Unione europea, l’obbligo di rendicontare con gli Esrs scatterà dall’anno finanziario 2025, con prima dichiarazione di sostenibilità pubblicata nel 2026. Per grandi società si intendono aziende che superino almeno due dei seguenti criteri:

  • numero medio di 250 dipendenti;
  • 25 milioni di euro stato patrimoniale;
  • 50 milioni di euro di ricavi netti.

Le piccole e medie imprese (PMI) quotate in borsa (escluse le micro-imprese), sia in Ue sia all’esterno dell’Ue, saranno infine tenute ad adottare gli Esrs a partire dall’anno fiscale 2026, con prima dichiarazione di sostenibilità prevista dunque per il 2027.

Per consentire alle PMI quotate di adattarsi ai cambiamenti previsti dagli Esrs è prevista tuttavia una proroga agli obblighi di rendicontazione di due anni, fino al 1° gennaio 2028: si tratta della cosiddetta “opt-out option”.

Le aziende che decideranno di avvalersi di tale opzione dovranno però spiegare le ragioni di tale scelta. Per le PMI, tuttavia, è comunque prevista una modalità di rendicontazione semplificata.

Le sanzioni per le aziende inadempienti

Nello schema di decreto legislativo per l’attuazione della direttiva europea, al momento in fase di approvazione da parte del Governo italiano, si fa riferimento anche alle sanzioni a cui andranno incontro le aziende in caso di inadempienza di quanto previsto dalla Csrd.

L’inclusione della rendicontazione di sostenibilità nella relazione finanziaria annuale farà sì che vengano applicate le sanzioni previste dal Testo unico della finanza. Sarà la Consob l’autorità deputata a vigilare e comminare eventualmente sanzioni, che per i primi due anni dall’entrata in vigore del decreto non potranno superare i 2,5 milioni di euro.

Conclusioni

L’introduzione degli European sustainability reporting standards (Esrs) rappresenta un passo avanti significativo verso una rendicontazione di sostenibilità più trasparente e uniforme in Europa. L’estensione degli obblighi di rendicontazione a un numero sempre maggiore di imprese costituisce inoltre una spinta concreta verso un futuro più sostenibile per tutti.

Questi standard da un lato aiuteranno le aziende a misurare e comunicare più efficacemente l’impatto del proprio operato su aspetti ambientali, sociali e di governance, con una riduzione dei costi di rendicontazione nel medio e lungo periodo.

D’altro canto, gli Esrs saranno un importante strumento a disposizione dei cittadini per poter valutare l’impegno concreto di aziende e organizzazioni su un tema cruciale quale la sostenibilità, contribuendo a responsabilizzarle e contrastando così pratiche quali il greenwashing.