Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence o AI) ha acquisito un ruolo sempre più centrale nei dibattiti economici, con molte previsioni ottimistiche riguardanti il suo impatto sulla produttività globale. Diversi studi, inclusi quelli di IDC, McKinsey e Goldman Sachs, sottolineano il potenziale dell’AI nel generare miliardi di dollari di valore aggiunto per l’economia mondiale, con un impatto significativo sulla produttività del lavoro. Tuttavia, questa prospettiva, per quanto promettente, presenta anche sfide complesse, tra cui il rischio di disuguaglianze e la difficoltà nell’implementare queste tecnologie su larga scala.
Il potenziale economico dell’intelligenza artificiale
Secondo le più recenti ricerche, l’AI potrebbe incrementare l’economia globale di 4,9 trilioni di dollari entro il 2030. Questi guadagni deriverebbero principalmente da una maggiore efficienza, sia in termini di automazione dei processi, sia attraverso l’uso di strumenti avanzati di analisi e decision making. Nel breve periodo, IDC prevede un impatto economico già nel 2024, con un aumento del PIL globale di 1,2 trilioni di dollari.
Tali previsioni includono una gamma di investimenti diretti e indiretti in AI, che vanno dalla costruzione di nuovi data center all’adozione di tecnologie hardware, fino alla formazione di nuove competenze professionali. Questo aumento di produttività non riguarda solo il settore tecnologico, ma si estende a industrie più tradizionali, come le telecomunicazioni, i media e il settore energetico, dimostrando il potenziale trasversale di queste innovazioni.
McKinsey prevede che l’intelligenza artificiale generativa, come gli strumenti di linguaggio naturale e automazione avanzata, potrebbe contribuire tra 2,6 e 4,4 trilioni di dollari all’anno all’economia mondiale. Queste tecnologie, applicabili a vari settori, possono migliorare drasticamente le operazioni aziendali, facilitando l’innovazione e promuovendo nuove modalità di lavoro.
L’impatto sull’Italia e sull’Europa
In Europa, la diffusione dell’AI è in crescita, con il 32% delle aziende che hanno già integrato soluzioni basate su questa tecnologia. Un recente rapporto commissionato da Amazon Web Services stima che l’AI potrebbe contribuire con 600 miliardi di euro di valore aggiunto all’economia europea entro il 2030. Questo trend positivo è visibile anche in Italia, dove uno studio di TEHA Group (The European House Ambrosetti) in collaborazione con Microsoft prevede che l’adozione dell’intelligenza artificiale generativa possa far crescere il PIL fino al 18,2% nei prossimi 15 anni, con un contributo di 312 miliardi di euro.
Questo dato è particolarmente rilevante per un Paese come l’Italia, la cui produttività è stata stagnante per decenni. L’AI rappresenta una via di uscita potenziale da questa stagnazione, offrendo la possibilità di migliorare l’efficienza in settori critici, dal manifatturiero ai servizi. Tuttavia, per raggiungere questi obiettivi, sarà necessario un approccio strategico che miri a colmare il gap digitale e a promuovere l’innovazione nelle PMI, le quali rappresentano il cuore dell’economia italiana.
Particolarmente importante sarà in particolare promuovere l’adoption di queste tecnologie nelle imprese, facendo comprendere come l’intelligenza artificiale e l’intelligenza artificiale generativa possano essere integrate nell’operatività quotidiana per migliorare l’efficacia, automatizzare i task più ripetitivi e in questa maniera liberare il tempo delle persone per attività a maggiore valore aggiunto. Un approccio pragmatico, concreto, come quello sperimentato e promosso dall’Independent design company Logotel alle aziende clienti.
Sfide e criticità
Nonostante l’ottimismo, vi sono alcune riserve da considerare. In primo luogo, l’integrazione dell’AI non sarà omogenea e potrebbe creare “vincitori e vinti”. Le aziende e le nazioni che riusciranno a sfruttare al meglio queste tecnologie vedranno enormi benefici, mentre quelle che rimarranno indietro potrebbero subire un ulteriore ampliamento delle disuguaglianze economiche e sociali. Il rischio è che, senza adeguate politiche di redistribuzione e formazione, i guadagni della produttività derivanti dall’AI finiscano per concentrarsi in poche mani, accentuando le disparità già esistenti.
Un altro aspetto critico, evidenziato da un articolo apparso sul Sole 24 Ore, riguarda l’incertezza sui risultati concreti dell’AI. Le stime variano ampiamente, con alcuni esperti che prevedono un impatto notevole, mentre altri, come Jim Covello di Goldman Sachs, esprimono dubbi sulla capacità dell’AI generativa di fornire un ritorno sufficiente sugli investimenti. Covello evidenzia che la generazione automatica di testi o la scrittura di codice software è ancora soggetta a errori significativi, rendendo queste tecnologie meno affidabili di quanto spesso si creda.
Inoltre, gli economisti del Massachusetts Institute of Technology (MIT), come Daron Acemoglu, sono più cauti nelle loro previsioni. Essi sostengono che, pur avendo il potenziale di migliorare la produttività, l’AI potrebbe generare guadagni non superiori allo 0,1% all’anno a causa della lenta adozione da parte delle aziende e delle difficoltà nell’adattamento delle infrastrutture esistenti.
La produttività del lavoro: un nodo centrale
L’incremento della produttività del lavoro è un argomento chiave nel dibattito sull’intelligenza artificiale. Uno studio condotto dall’Università di Stanford e dal MIT ha dimostrato che, grazie all’uso di assistenti basati su AI, i lavoratori di call center possono aumentare la loro produttività del 14%. Inoltre, i lavoratori meno esperti o meno qualificati hanno beneficiato di un incremento di performance del 35%, suggerendo che l’AI possa ridurre le disuguaglianze di competenze.
Tuttavia, anche in questo caso, l’adozione su larga scala di queste tecnologie non è priva di ostacoli. Se da un lato l’automazione di attività ripetitive potrebbe liberare risorse per compiti a maggior valore aggiunto, dall’altro c’è il rischio che determinate professioni vengano sostituite del tutto dall’AI, con un impatto negativo sull’occupazione e sui salari.
Conclusione
L’intelligenza artificiale rappresenta senza dubbio una delle più grandi opportunità per l’economia globale, con il potenziale di trasformare radicalmente il modo in cui lavoriamo e produciamo. Tuttavia, il suo impatto dipenderà da come le aziende e i governi gestiranno questa trasformazione. Saranno necessarie politiche lungimiranti per mitigare i rischi di disuguaglianze e per assicurarsi che i benefici dell’AI siano distribuiti equamente.
Per le imprese, il successo nell’era dell’intelligenza artificiale non risiederà solo nella capacità di adottare nuove tecnologie, ma anche nella flessibilità di innovare processi, formare il personale e prepararsi a un futuro in cui l’AI giocherà un ruolo centrale nello sviluppo economico.