Community manager: i costruttori della presenza
Una riflessione sull’evoluzione del ruolo del community manager: non solo professionista al servizio delle business community, ma community organizer.
Una riflessione sull’evoluzione del ruolo del community manager: non solo professionista al servizio delle business community, ma community organizer.
Nelle business community che Logotel progetta, anima e cura con e per i suoi clienti, il community manager attiva il cambiamento, nutre, coinvolge, motiva e supporta le reti interne ed esterne verso un obiettivo comune; lo fa creando una connessione diretta tra i propri stakeholder, attraverso una linea editoriale e piani di engagement, monitorando i risultati e i dati e puntando a supportare e migliorare il business. Io sono una community manager, e mi piace dire che “sono” e non che “faccio” questo mestiere.
Facciamo un passo indietro e torniamo al periodo buio della pandemia. Mentre il mondo affrontava il Covid-19, ho cambiato progetto di lavoro, colleghi interni, clienti di riferimento. Sono passata da una business community partecipata e collaborativa nella quale gli user sono produttori costanti di contenuto e di senso, a una più orientata all’informazione e alla formazione, con un imprinting collaborativo diverso.
Con il progetto è cambiato anche il team di lavoro interno, che si è ampliato da tre a dieci colleghi. I punti da riconnettere erano tanti, e la vera sfida era farlo durante la fase di smart working emergenziale, quindi in maniera esclusivamente virtuale. Le tantissime videocall hanno assottigliato lo spazio e il tempo da dedicare al racconto di noi stessi, cioè a quello che fisicamente e metaforicamente accade intorno a noi e che, spesso, l’interlocutore sfoca, quasi a voler porre l’attenzione esclusivamente sul presente. È qui che mi sono chiesta “cosa posso fare? come posso incidere come persona e come community manager?”.
Mi ha aiutato adottare un punto di vista bi-focale. Perché, fino a quel momento, il mio sguardo era rivolto solo all’esterno, alla business community e i suoi stakeholder: il mio “mestiere” era al servizio del referente-cliente e dei suoi utilizzatori; poi la prospettiva si è allargata: le stesse qualità, più molte altre, sono state orientate verso i colleghi del mio team in Logotel: un’altra comunità di persone fisiche, ma adesso più che mai ibrida.
Non è solo questione di tempo e di fiducia, è soprattutto questione di metodo. Ma questo metodo andava inventato, o quanto meno rivisitato, perché le logiche e i ruoli preesistenti non funzionavano più. Una cosa sì, si poteva fare: riflettere, fare e sperimentare. Ho capito che non bisognava partire dai problemi né immaginare direttamente le soluzioni, ma lavorare sulla costruzione delle relazioni, sull’ascolto e sull’osservazione del presente e del lavoro, che stava cambiando davanti ai nostri occhi.
Così il mio ruolo di community manager si è evoluto. Oggi che la pandemia è ormai un ricordo che inizia ad affievolirsi, non sono solo una professionista al servizio della business community, sono una community organizer. Sono dentro e fuori la piattaforma digitale per agire su un nuovo piano di realtà, un luogo di relazione e osservazione che punta all’empowerment delle persone con cui lavoro ogni giorno.
Nel community manager c’era già la vocazione a essere tessuto connettivo, animatore e motivatore, e queste competenze dovevano essere valorizzate al servizio del team, per farle assorbire nel gruppo di lavoro e poi diffonderle verso il cliente e verso la community. È così che il metodo bi-focale ha preso vita.
Sono arrivata a questa consapevolezza dopo aver capito che, per rendere coesa una squadra bisogna creare spazi di autonomia. Un’autonomia che nasce dalla presenza (e la presenza è anche la webcam accesa durante le call del mattino), dalla competenza, dal supporto reciproco, dal confronto e dall’ascolto, dalla creazione, quindi, di un ambiente digitale accogliente, fondato su approccio organizzativo relazionale e collaborativo.
Ogni community organizer/manager ha bisogno di un socius, un compagno con cui camminare insieme e nel significato di “compagno” c’è la radice comes, cioè “colui con cui si spezza il pane”.
Questo “con-dividere” inteso come il lavoro-che-si-fa-insieme, prevede che il community manager cammini a fianco del project manager in un equilibrio di energie e ruoli che forse per la prima volta vedo totalmente chiaro davanti a me: il project manager traccia la visione e la strategia del progetto, e il community organizer ne garantisce l’orientamento.
Questo punto di vista bi-focale è una possibile nuova modalità di lavoro ibrida. Penso possa funzionare perché, animando il gruppo di lavoro così come animo ogni giorno la business community, ho smesso di sentirmi sola quando sono nel silenzio della mia casa e ho imparato che si può creare coinvolgimento garantendo autonomia. Per tenere insieme questi due fattori occorre redistribuire spesso i task, definire le priorità delle singole attività, creare potere relazionale e prendersi il tempo per celebrare un risultato.
Pubblicato su Weconomy 15 – UFO. Unidentified future organizations