People analytics: come usare i dati per migliorare il benessere di persone e organizzazioni
I dati relativi alle persone che fanno parte di un’azienda possono essere usati per migliorare le performance aziendali e l’engagement dei dipendenti.
I dati relativi alle persone che fanno parte di un’azienda possono essere usati per migliorare le performance aziendali e l’engagement dei dipendenti.
Siamo circondati da un’enorme mole di dati, che è destinata ad aumentare grazie agli sviluppi della tecnologia. In questo mare magnum di informazioni, imparare a distinguere quali dati sono realmente utili, saperli leggere e interpretare è diventato fondamentale per gestire in maniera efficace funzioni diverse nel contesto aziendale.
Anche nell’ambito delle risorse umane (chiamate anche HR o People), saper leggere e interpretare i dati è importante per rispondere alle tante sfide che caratterizzano il contesto lavorativo odierno: attrarre i talenti e in generale le persone più in linea con le esigenze aziendali, trattenerli a lungo, aumentare l’employee engagement che è a livelli molto bassi, offrire alle persone una employee experience sempre più soddisfacente e personalizzata in base alle loro esigenze, ai loro bisogni e ai loro ritmi, anche per quanto riguarda la formazione.
Dall’unione tra il mondo del data e quello delle risorse umane nasce il termine People analytics. In questo articolo spieghiamo cosa si intende per People analytics, quali sono i vantaggi di questo approccio e quali sono alcuni ambiti concreti di applicazione dell’analisi dei dati in ambito HR.
Randstad, importante player nel settore della ricerca, selezione e formazione delle risrose umane, definisce la People analytics (a cui ci si riferisce anche come HR People Analytics o Talent analytics) come “l’insieme di metodi, processi e strumenti di raccolta, analisi e interpretazione dei dati relativi alle persone che fanno parte di un’azienda”. Il fine ultimo di queste attività è ottenere informazioni relative agli aspetti che riguardano la gestione complessiva di queste persone: manager, dipendenti e collaboratori.
Un’altra definizione è contenuta nel paper Opportunities and benefits of people analytics for hr managers and employees: signals in the grey literature, pubblicato dall’Università di Edimburgo. La People analytics è qui definita come l’area in ambito HR “che si occupa dell’uso delle tecnologie informatiche, dell’analisi descrittiva e predittiva dei dati e degli strumenti di visualizzazione per generare insights sulle dinamiche della forza lavoro, sul capitale umano e sulle prestazioni individuali e di gruppo che possono essere utilizzati strategicamente per ottimizzare l’efficacia, l’efficienza e i risultati dell’organizzazione e migliorare l’esperienza dei dipendenti”.
Il punto di partenza importante, quando si parla di People analytics, è che ogni azienda dispone già di una grande quantità di dati, anche internamente. Per interpretarli correttamente serve però un approccio strategico: bisogna capire quali dati sono utili, come raccoglierli, come analizzarli e interpretarli, e soprattutto ricordarsi dell’aspetto umano: dietro questi dati ci sono sempre delle persone, con le loro sensibilità, esigenze, bisogni.
Di People analytics si parla ormai già da anni, ben prima che nell’opinione pubblica e nel mondo lavorativo esplodesse il dibattito sull’intelligenza artificiale. Così come in tanti altri settori, anche nel campo della People analytics l’AI ha prodotto una rivoluzione, rendendo l’analisi dei dati più veloce e precisa.
Tool basati sull’AI rendono possibile elaborare grandi quantità di dati in modo rapido ed efficiente; algoritmi di machine learning consentono di identificare pattern nascosti tra i dati; modelli predittivi consentono di identificare tendenze e comportamenti dei dipendenti, facilitando la previsione di eventi come il turnover. Questo consente alle aziende di anticipare le esigenze dei dipendenti, migliorare i processi di selezione e formazione, e personalizzare le strategie di gestione del personale.
Inoltre, l’automazione di alcuni processi HR – ad esempio il reclutamento, pur con tutte le remore che affidare questo processo a macchine comporta, e la gestione delle performance – libera tempo prezioso per i professionisti HR, che possono così concentrarsi su altre attività più strategiche.
Nel già citato studio dell’Università di Edimburgo si evidenziano alcuni benefici che si possono ottenere dai progetti di People analytics. A livello generale, applicare tecniche analitiche a dati che aziende e organizzazioni sono già abituate a raccogliere (specialmente dati semplici o strutturati), può consentire di avere uno sguardo più chiaro sulle interazioni dei dipendenti, di ottenere una mappatura delle competenze, di monitorare il sentiment dei dipendenti o di automatizzare processi time-consuming, come alcuni compiti amministrativi. Una corretta e continua attività di People analytics può massimizzare l’efficienza organizzativa, aumentare la produttività e incoraggiare una maggiore collaborazione tra i dipendenti.
Ci sono poi anche benefici specifici, relative a particolari pratiche all’interno della funzione HR. Vediamone alcuni.
L’uso di tecnologie e tecniche di People analytics può trasformare il modo in cui le organizzazioni identificano e assumono i dipendenti. Ad esempio, i programmi automatizzati promettono di velocizzare l’esame dei curricula, consentendo di ordinarli e di dare loro una priorità, mettendo in primo piano i candidati più promettenti. Tutto questo si traduce in un risparmio di tempo e costi, e in processi di assunzione più equi e oggettivi, a patto ovviamente che i sistemi di machine learning a cui vengono demandati questi compiti siano stati allenati evitando bias.
Un discorso a parte merita l’automatizzazione delle job interview. Software come HireVue – un tool in grado di analizzare il linguaggio verbale e non verbale dei candidati, fornendo una visione della loro personalità – sono molto diffusi, e la società produttrice sostiene che le persone selezionate in questa maniera mostrino tassi di ritenzione e rendimento più alti della media. Eppure, la studiosa e scrittrice Noreena Hertz nel suo libro Il Secolo della Solitudine (Il Saggiatore, 2021) ha ben descritto l’alienazione che ha provato quando, fingendosi una candidata stagista, è stata intervistata tramite HireVue: “Non era il fatto di interagire con una macchina di per sé a farmi sentire così alienata. Era piuttosto lo squilibrio di potere tra donna e macchina a essere inquietante”. In questo caso ritorna la premessa fatta anche in precedenza: non dimenticare mai l’aspetto umano, anche quando si ha a che fare con i dati.
La People analytics può aiutare i datori di lavoro a comprendere meglio le capacità e le competenze necessarie per raggiungere un obiettivo o svolgere un lavoro, tracciando una mappatura o inventario delle competenze. Con l’integrazione dell’AI e la sua capacità predittiva, oltre a una fotografia e un’analisi della situazione attuale si possono anche anticipare e pianificare le esigenze future.
Grazie all’analisi dei dati si può migliorare l’acquisizione delle competenze dei dipendenti osservando le loro risposte ai diversi approcci o materiali formativi e adattando i metodi di erogazione dei percorsi formativi ai loro stili e ritmi di apprendimento. Anche per quanto riguarda lo sviluppo dei talenti, la corretta analisi dei dati consente la creazione di piani di carriera personalizzati basati sulle competenze e sugli obiettivi individuali.
La People analytics riveste un ruolo importante anche nella valutazione delle perfomance, da un lato garantendo un monitoraggio continuo e la possibilità di fornire feedback puntuali alle persone, dall’altro aumentando l’oggettività dei processi di valutazione o assegnazione di promozioni, riducendo la discrezionalità e i pregiudizi incosci che possono avere i manager.
Dall’ultimo report State of the global workforce di Gallup è emerso che, a livello globale, solo il 23% delle persone si dichiara ingaggiata sul lavoro. L’employee engagement è strettamente correlato al turnover: in generale, meno i dipendenti si sentono ingaggiati e coinvolti da un’azienda, più è alta la probabilità che lascino il posto di lavoro per andare altrove.
Progetti di People analytics possono impattare su entrambi questi aspetti, sia in chiave reattiva, sia proattiva. L’analisi dei dati relativi all’engagement dei dipendenti è infatti fondamentale per comprendere il clima aziendale. Attraverso sondaggi e feedback regolari, le aziende possono monitorare il livello di soddisfazione e coinvolgimento dei dipendenti, intervenendo laddove questi livelli siano molto bassi.
Sul fronte del turnover, una strategia di People analytics può consentire alle aziende di raccogliere e analizzare dati relativi ai dipendenti che hanno lasciato l’azienda, identificando tra le motivazioni alla base delle dimissioni tendenze comuni e aree problematiche su cui intervenire. Ma la People analytics può servire anche, attraverso modelli predittivi AI-powered, a identificare dipendenti a rischio abbandono prima che questi lascino l’azienda. Combinando dati come la soddisfazione lavorativa, le performance e le interazioni con i manager, si possono identificare le persone a rischio e si possono implementare azioni per migliorare la loro esperienza lavorativa ed evitare che abbandonino l’azienda, migliorando così la retention.
La People analytics è una potente risorsa per le aziende che desiderano migliorare la gestione delle persone e, di conseguenza, generare impatto sulle performance aziendali. Combinando assieme tool di intelligenza artificiale e dati, è possibile prendere decisioni strategiche più informate, rapide e data-driven, migliorare la soddisfazione e l’engagement dei dipendenti e aumentare anche la produttività aziendale. Una strategia incentrata sulla People analytics consente di promuovere una cultura organizzativa orientata al benessere delle persone e alla crescita continua, creando i presupposti per un ambiente di lavoro più efficiente e gratificante per tutti.