L’empatia è una delle competenze più importanti e richieste nel mondo del lavoro. Non si tratta di una parola nuova, né di una scoperta recente: da diversi anni numerosi studi sottolineano come la capacità di comprendere e condividere i sentimenti altrui abbia un ruolo fondamentale per costruire relazioni di fiducia, migliorare la comunicazione e potenziare la collaborazione all’interno di aziende e organizzazioni.
Anche nel mezzo delle profonde trasformazioni in corso nel mondo del lavoro, segnato come altri ambiti dalle disruption causate dall’intelligenza artificiale e dall’affermarsi di nuove modalità lavorative come l’hybrid working, l’empatia continua ad essere una delle competenze più ricercate sia a livello di leadership e management aziendale, sia nelle singole persone.
In questo articolo spieghiamo brevemente cos’è l’empatia, quali sono i vantaggi di organizzazioni e leader empatici, come sviluppare l’empatia in azienda e analizziamo un caso studio che evidenzia come l’empatia sia un superpotere per potenziare la collaborazione nelle organizzazioni.
Cos’è l’empatia: il senso comune e le opinioni contrastanti
L’empatia è comunemente definita come la capacità di mettersi nei panni degli altri, di comprendere i loro pensieri, emozioni e punti di vista. Si tratta in realtà di un concetto molto più ampio e dibattuto in psicologia e filosofia, tra i cui studiosi non manca chi ha posizioni critiche a riguardo.
In un articolo apparso su Weconomy (progetto di ricerca open-source della Independent design company Logotel), Isabella Pacifico si sofferma sulla necessità, per le aziende, di trovare un equilibrio tra ragione e sentimento. Secondo l’autrice gli approcci emphatizer – cioè aziende più improntate all’empatia – e systemizer – aziende basate su logica e analisi – hanno bisogno di alimentarsi a vicenda.
Pacifico cita anche il libro del 2016 Against Empathy: The case for rational compassion, in cui lo psicologo dell’Università di Yale Paul Bloom evidenzia come non sempre coltivare e applicare l’empatia sia positivo: “L’atto di sentire ciò che pensi sentano gli altri è diverso dall’essere compassionevole, dall’essere gentile e dall’essere buono. Da un punto di vista morale, stiamo meglio senza”.
Un altro studioso, lo psicologo e neuroscienziato dell’Università di Standford, Jamil Zaki, in un recente articolo apparso sull’Harvard Business Review sottolinea come l’empatia non sia riconducibile a una sola cosa: include i vari modi in cui entriamo in sintonia con gli altri e si manifesta in varie forme, tra cui l’empatia emotiva e la preoccupazione empatica. La prima comporta la condivisione e il farsi carico dei sentimenti di qualcun altro, la seconda comporta invece anche una sorta di proattività, cioè il desiderio di migliorarne il benessere.
Se l’empatia non è sostenibile può logorare i manager
Zaki evidenzia come l’empatia abbia anche un prezzo, soprattutto per i manager, ai quali sempre più viene richiesto – e in alcuni casi preteso, come nel caso della Generazione Z – di fornire supporto emotivo nei confronti dei dipendenti.
Lo studioso utilizza la metafora del “casco empatico”, in grado di trasferire nelle teste e nei cuori dei manager i sentimenti delle persone con cui lavorano. Essere empatici significa indossare questo casco ed esporsi agli alti e bassi emotivi delle persone che, specie in un momento storico tumultuoso come quello attuale, sono particolarmente logorate.
Di conseguenza anche i manager – e alcuni studi hanno rivelato che in particolare sono i middle manager ad esserne più colpiti – si sentono emotivamente svuotati e logorati. Da qui la necessità di rendere sostenibile la propria empatia, attraverso alcune pratiche suggerite da Zaki: l’autocompassione, la sintonizzazione empatica e la costruzione di abitudini mentali sane.
L’importanza dell’empatia per aziende e persone
Quanto brevemente citato nei paragrafi precedenti dà l’idea della complessità del concetto di empatia e delle sue diverse interpretazioni. Al di là delle opinioni contrastanti e delle posizioni critiche, la gran parte degli studi e dei survey condotti da esperti all’interno di aziende e organizzazioni sono però concordi nel sottolineare l’importanza dell’empatia sul lavoro.
Per circoscrivere l’empatia a un’accezione più legata al contesto business possiamo citare la definizione coniata da The empathy business. Si tratta di un’organizzazione che ha messo a punto un framework per misurare l’empatia all’interno delle aziende e che dal 2016 pubblica sull’HBR una classifica, il Global Empathy Index, che dimostra la correlazione tra un maggior grado di empatia e risultati migliori in termini di capitalizzazione di mercato, crescita e utili.
Per The empathy business “l’empatia non è simpatia. L’empatia in azione consiste nel comprendere l’impatto emotivo che un’azienda ha sul suo personale e sui suoi clienti”. L’organizzazione cita poi Kpi concreti – l’aumento del Net promoter score (Nps), della soddisfazione dei clienti e dei colleghi e la riduzione dei licenziamenti – come effetti positivi legati a un maggior livello di empatia.
Anche altri report e survey autorevoli evidenziano l’importanza dell’empatia per aziende e persone. L’edizione 2023 del report The future of jobs del World economic forum, l’ultima disponibile finora, inserisce l’empatia e l’ascolto attivo – messi insieme non a caso – tra le 10 skill e attitudini più importanti nel presente, ma anche tra le 10 competenze prioritarie per aziende e organizzazioni nell’immediato futuro. Per il 52% delle aziende interpellate dal Wef, infatti, empatia e ascolto attivo guadagneranno importanza nei prossimi anni.
Anche per chi lavora nelle aziende l’empatia è fondamentale: secondo un survey condotto da EY negli Stati Uniti su oltre 1000 dipendenti, quasi il 90% degli intervistati ritiene che una leadership empatica aumenti il morale e favorisca un ambiente inclusivo. Non solo: lo stesso sondaggio evidenzia che l’82% dei dipendenti prenderebbe in considerazione l’idea di cambiare azienda per andare a lavorare in un’impresa più empatica.
I benefici dell’empatia per aziende e organizzazioni
Lo studio di EY già citato sottolinea anche altri benefici che, secondo la maggior parte dei lavoratori intervistati, sono legati all’empatia reciproca tra leader e dipendenti. Per l’88 per cento del campione aziende empatiche sono più efficienti e per l’87% più creative. La stessa percentuale degli intervistati ritiene che l’empatia reciproca tra leader e dipendenti sia alla base di una maggior soddisfazione sul lavoro, l’86% crede che l’empatia favorisca la condivisione delle idee, l’85% che influisca sull’innovazione e l’83% è convinto che l’empatia abbia conseguenze anche sui ricavi aziendali.
Oltre ai benefici legati all’efficacia, all’innovazione e alla retention dei dipendenti, le organizzazioni che investono sullo sviluppo dell’empatia dei propri dipendenti possono conseguire altri risultati positivi tra cui:
- migliore comunicazione e collaborazione;
- connessioni più profonde tra le persone;
- maggiore motivazione e più alti tassi di engagement delle persone (un aspetto particolarmente importante, se si considera che recenti sondaggi rivelano che i tassi di employee engagement sono molto bassi, specialmente in Italia);
- risoluzione più efficace dei conflitti.
Come sviluppare l’empatia in azienda
I benefici elencati brevemente nei paragrafi lasciano intendere perché in alcuni casi ci si riferisca all’empatia come a un superpotere, e perché aziende e organizzazioni dovrebbero cercare di incoraggiarla e svilupparla nei loro manager e nelle loro persone. A patto di rispondere a un ultimo interrogativo: l’empatia è una skill, che può essere coltivata e incrementata, o è un’attitudine, e dunque qualcosa di innato e immodificabile?
La questione non è di facile risoluzione: il World economic forum si riferisce all’empatia come a un’attitudine legata al lavorare con gli altri, mentre il già citato studioso Jamil Zaki spiega che, sebbene ci siano effettivamente persone che nascono più empatiche di altre, “evidenze empiriche accumulate nei decenni dimostrano che l’empatia è più una competenza che un tratto del carattere”. E aggiunge un’altra scoperta fatta insieme a Carol Dweck, la psicologa che ha coniato la definizione di growth mindset, e Karina Schumann: “Quando considerano l’empatia una competenza, le persone si impegnano maggiormente a esercitarla”.
Il primo step che aziende e organizzazioni devono compiere per lavorare sull’empatia è, quindi, quello di non ritenere la stessa un’attitudine immutabile, ma una competenza su cui si può lavorare. Compiuto questo primo passo, ecco alcuni consigli pratici da seguire per sviluppare l’empatia.
- Incoraggiare l’ascolto attivo. Empatia e ascolto attivo, come abbiamo letto anche dal report del Wef, vanno a braccetto. Nell’articolo Empathy is the new currency pubblicato su Forbes, l’autrice Soulaima Gourani sottolinea come l’ascolto attivo sia una pietra miliare della leadership empatica. Prestare davvero attenzione a ciò che gli altri dicono, porre domande di approfondimento e dimostrare comprensione attraverso segnali verbali e non verbali favorisce un ambiente in cui i dipendenti si sentono visti, ascoltati e valorizzati. L’ascolto attivo va incoraggiato non solo nei leader, ma anche in tutte le persone.
- Favorire il feedback costruttivo. Creare un ambiente in cui sia normale dare e ricevere feedback onesti e rispettosi, per migliorare continuamente.
- Promuovere la diversità e l’inclusione. Valorizzare le differenze e le prospettive uniche di ogni membro del team, creando un clima di apertura e rispetto.
- Offrire formazione e sviluppo delle soft skill. Investire in percorsi di crescita personale e professionale, per aiutare i dipendenti a sviluppare competenze empatiche.
Un caso studio: il progetto Collaborating with Empathy di Cisco
Quelli elencati qui sopra sono consigli generici, che andrebbero poi calati e adattati alle singole realtà aziendali. Per capire nel concreto come programmi volti allo sviluppo dell’empatia all’interno di aziende e organizzazioni producano benefici in termini relazionali, di engagement e migliorino la qualità della collaborazione citiamo brevemente il progetto Collaborating with Empathy di Cisco.
Si tratta, in estrema sintesi, di una guida pratica che può aiutare aziende e organizzazioni a creare esperienze di collaborazione realmente empatiche. La premessa del progetto, sviluppato dal team People & Community Innovation di Cisco con la collaborazione della Independent design company Logotel e di Naba (Nuova accademia di belle arti), è che a fronte della grande mole studi sull’importanza dell’empatia nella collaborazione, scarseggino iniziative su come aumentare effettivamente il livello di empatia nei team.
Da qui è partito il progetto, che a monte ha comportato lo studio di oltre 200 esperienze ibride innovative in diversi settori e l’identificazione delle caratteristiche comuni che favoriscono l’empatia e il coinvolgimento. Queste caratteristiche sono state distillate in 9 principi di progettazione per trasformare nel concreto le riunioni in esperienze empatiche. I design principles spaziano dalla capacità di rendere di valore ogni singolo momento alla promozione dell’inclusione, dall’abilità di sfruttare il potere generativo della creatività all’abilitare la semplicità abbracciando la complessità.
Questi principi sono poi stati applicati ad alcuni tra gli scenari di collaborazione più comuni nel mondo del lavoro e sono confluiti in mini guide alla progettazione, il cui obiettivo è rendere più empatici e ingaggianti momenti come il lancio di un nuovo team, la costruzione di relazioni esterne, esperienze di collaborazioni cross-team, sessioni one-to-one e così via.
A valle dell’iniziativa, uno studio neuroscientifico ha dimostrato che l’applicazione dei principi di progettazione porta effettivamente a una migliore esperienza dei partecipanti e a stati emotivi positivi più elevati. “L’empatia è il nostro superpotere – recita il claim del progetto –. In un mondo del lavoro che sta diventando ibrido, l’empatia è il campo di forza che ci tiene uniti”.
Conclusioni
L’empatia è una super skill che può fare la differenza nel mondo del lavoro odierno e anche nel prossimo futuro. Si tratta di una competenza chiave ricercata – e in alcuni casi pretesa – nei leader e anche in chi non riveste posizioni manageriali. Investire nello sviluppo di questa competenza all’interno di aziende e organizzazioni potrà avere effetti positivi sulla qualità della collaborazione, sul clima aziendale, sul turnover dei dipendenti e in generale sull’innovazione e la produttività.